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Nella
comunità aereospaziale cinese circola una storia che sa di leggenda. Sembra,
infatti, che gli americani offrirono una roccia lunare in cambio di uno dei
famosi soldati di terracotta dell’imperatore Qin. I cinesi, tuttavia,
rifiutarono. Erano convinti che raggiungere la luna fosse solo questione di
tempo.[1]
Nel
1978, durante i negoziati volti a favorire la normalizzazione dei rapporti
diplomatici tra le due potenze, il consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew
Brzezinski diede un piccolo frammento lunare al Presidente Hua Guofeng come
gesto di buona volontà. I cinesi fecero buon uso del regalo: lo passarono ai
loro scienziati che lo fecero a pezzi, studiandone ogni minimo particolare.
Questa
storia non ci dice nulla di nuovo, in realtà. I cinesi sono sempre stati un
popolo curioso e orgoglioso. Tuttavia sarebbe interessante capire che tipo di
effetti potrebbero avere queste due caratteristiche nella prossima grande
avventura nella quale ha deciso di imbarcarsi l’Impero Celeste: l’esplorazione
spaziale.
L’Esilio di Qian
La storia della nascita, morte e rinascita del
programma spaziale cinese è decisamente affascinante, piena di svolte, bruschi
arresti, cambi di rotta e improvvise accelerazioni. Iniziò con la nascita della
quinta accademia del Ministero della Difesa nazionale l’8 ottobre 1956, con il
coinvolgimento di Qian Xuesen, un ingegnere educato negli Stati Uniti e
riconosciuto come uno dei padri fondatori del programma spaziale cinese.
Qian era probabilmente uno dei cinesi più brillanti
che ci fossero mai stati. Studiò nei tardi anni Trenta al Massachusetts
Institute of Technology (MIT) e al California Institute of Technology,
convertendosi in uno degli scienziati di punta negli Stati Uniti. Egli partecipò
anche al Progetto Manhattan, contribuendo alla realizzazione del primo ordigno
atomico. Tuttavia, la situazione era in procinto di complicarsi per i cinesi in
America, e quando i comunisti presero il controllo della Cina, Qian fu accusato
di essere un loro sostenitore. Dopo aver trascorso diversi anni agli arresti
domiciliari, gli fu concesso di tornare nel suo paese nel 1955. Nei cinquanta
anni che seguiranno, egli rappresenterà una delle forze propulsive del
programma spaziale cinese.
Il Drago in Tuta Spaziale
Quando i sovietici lanciarono in orbita lo Sputnik nell’ottobre
del 1957, il Presidente Mao Zedong rimase impressionato e
incoraggiò la comunità scientifica cinese affinché costruisse un proprio
satellite artificiale. La sua intenzione era di costruire un enorme satellite
di due tonnellate e metterlo in orbita in modo da ridicolizzare l’Explorer degli
americani, o come lo chiamò lui “l’uovo
di gallina degli americani”, senza badare al fatto che i suoi compatrioti morivano
ogni giorno di fame e di stenti.
A questi eventi seguì poco dopo il disastroso Grande
Balzo in avanti che rallentò i progressi degli scienziati e contribuì a ricordare
ai politici che, dopotutto, la Cina continuava a essere un paese povero e
arretrato. Tutti loro si resero conto che il satellite da due tonnellate non era
più fattibile dello stesso Grande Balzo in avanti, di conseguenza ridussero le
loro aspettative. Dopotutto c’è una ragione se viene chiamata “scienza
missilistica” ed è chiaro che sia difficile costruire un satellite senza un
razzo che lo porti in orbita.
Dong Fang Hong 1 fu lanciato con successo il 24 aprile 1970 |
Seguendo l’approccio pragmatico suggerito da Deng
Xiaoping nel gennaio del 1959, gli scienziati cominciarono a sviluppare un
modesto razzo a propellente liquido. Non proprio ambizioso come lanciare un
satellite da due tonnellate in orbita, ma perlomeno questo progetto era un
passo nella direzione giusta. Dopo qualche anno gli scienziati svilupparono il
primo razzo a propellente liquido lanciato con successo il 19 febbraio del
1960. Il razzo raggiunse un’altitudine di soli otto chilometri, ma questa è
considerata la prima pietra miliare del programma spaziale cinese. Dieci anni
dopo, il 24 aprile del 1970, il satellite Dong Fang Hong I (L’Oriente è Rosso
I) fu lanciato in orbita trasformando la Cina nella quinta nazione in grado di
padroneggiare i fondamenti del volo spaziale.
La Rivoluzione Culturale degli anni Sessanta e
Settanta rallentò notevolmente i progressi del programma spaziale. In quegli
anni molti scienziati, accusati di essere in combutta con l’occidente, furono
catturati, interrogati, torturati e spesso condannati ai lavori forzati. Il
programma spaziale cinese soffrì notevolmente in questo periodo. Dopo la morte
di Mao Zedong e l’arresto della banda dei quattro, la Rivoluzione Culturale
terminò ufficialmente e il “comunista riformatore” Deng Xiaoping divenne leader
de facto del paese. Egli, un sostenitore del programma spaziale cinese, decise
che era giunto il momento che la Cina possedesse un proprio satellite di
comunicazione. Tuttavia, costruirne uno da zero avrebbe richiesto tempo e un
impiego considerevole di mezzi. Deng suggerì dunque di comprarne uno dagli
americani. I negoziati con gli occidentali iniziarono con il piede giusto ma si
conclusero con un nulla di fatto.
Com’era accaduto in passato, gli scienziati cinesi
dovettero costruire il proprio satellite di comunicazione senza aiuto, iniziando
dalle fondamenta. Dopo diversi tentativi e insuccessi, la Cina superò gli
ostacoli e riuscì a lanciare in orbita il suo primo satellite di comunicazione nell’aprile
del 1984.
È utile tenere presente che l’intraprendenza spaziale
cinese risentiva in quegli anni per ragioni di natura politica ed economica.
C’era tuttavia un volere latente di procedere oltre, di continuare il processo
di sviluppo della tecnologia spaziale. Il famoso discorso pronunciato dal Presidente
Ronald Reagan il 23 marzo 1983, nel quale annunciò lo “Scudo spaziale”, sembra
diede nuova linfa vitale al programma spaziale cinese. Il discorso di Reagan,
infatti, accese un nuovo dibattito nel paese asiatico e incoraggiò la
discussione sul ruolo della scienza, della ricerca e della tecnologia. Tutto
ciò favorì la rinascita dell’impegnativo programma spaziale con equipaggio
umano, un progetto mastodontico che aveva esiti incerti e che i cinesi non
erano mai riusciti veramente a far decollare. Ancora una volta considerarono
inizialmente di comprare la tecnologia di cui avevano bisogno, questa volta dai
russi, ma i due paesi non raggiunsero un accordo. Com’era già successo, la Cina
fu costretta a costruire il suo programma di volo spaziale da zero. Riversando
una considerevole quantità di risorse nello sforzo, negli anni Novanta e
all’inizio del ventunesimo secolo riuscirono a lanciare quattro veicoli
spaziali (dallo Shenzhou I allo Shenzhou IV), senza tuttavia nessun essere
umano a bordo.
Yang Liwei, il primo taikonauta nello spazio |
Finalmente, il 15 ottobre del 2003, il tenente colonnello
Yang Liwei divenne il primo cinese nello spazio e il paese asiatico si tramutò
nella terza nazione capace di mandare un essere umano in orbita, dopo l’Unione
Sovietica e gli Stati Uniti. Due anni dopo, il 12
ottobre del 2005, il veicolo Shenzhou VI continuò i successi del programma
spaziale umano cinese spedendo due “taikonauti” nello spazio. La terza missione
con equipaggio umano fu completata nel settembre 2008, quando Zhai Zhigang
eseguì la prima passeggiata spaziale. Tre anni dopo la Cina lanciò in orbita il
modulo spaziale Tiangong I, le fondamenta della loro prima stazione spaziale.
Tiangong I fu seguito dal veicolo spaziale Shenzhou VIII il quale, senza
equipaggio a bordo, permise ai cinesi di padroneggiare la delicata tecnica di
attracco. La successiva missione fu completata nell’estate del 2012 da due
uomini e la prima donna cinese. Durante questa missione l’equipaggio si
esercitò nelle tecniche di attracco manuale, un tipo di manovra padroneggiata dai
Sovietici e dagli Americani negli anni Sessanta. L’ultima avventura spaziale
dell’Impero Celeste terminò nel giugno del 2013. L’equipaggio di tre cinesi
rimase in orbita in quest’occasione per quindici giorni, la permanenza nello
spazio più lunga nella storia del programma spaziale cinese, dimostrando alla
propria patria e al mondo intero che la Cina era pronta a superare le sfide
future.
L’inseguimento Spaziale
Quando i cinesi iniziarono nel 1992 il programma spaziale
con lo scopo di portare esseri umani tra le stelle, crearono un piano che
sarebbe durato per i successivi trenta anni. È impressionante costatare quanto
abbiano seguito scrupolosamente questa scaletta fino ad oggi. Nonostante quanto
dicano alcuni membri del Congresso americano, i media e in generale persone
sospettose degli sviluppi del programma spaziale cinese, la fase culminante di
questo programma è sempre stata molto chiara: mettere una stazione spaziale
nell’orbita terrestre per il 2020. Adesso sono sul punto di raggiungere questo
storico traguardo. Prima, però, i cinesi si resero conto che avrebbero dovuto
imparare a padroneggiare i rudimenti della tecnologia spaziale e provare che
fossero in grado di mettere qualcuno in orbita e riportarlo sano e salvo a
casa. Non solo, avrebbero anche dovuto dimostrare una certa padronanza nelle
pratiche di routine del volo spaziale (come attraccare, manovrare, costruire e
assemblare in orbita, comunicare in orbita, essere in grado di dotare i propri
taikonauti di un buon supporto vitale, ecc.). I cinesi hanno provato con le
missioni Shenzhou di essere in grado di fare tutto questo e molto altro ancora.
Negli ultimi dieci anni essi sono stati in grado di mandare un uomo in orbita,
hanno conseguito la loro prima passeggiata spaziale e acquisito destrezza con
le procedure di attracco e di manovra nello spazio. Se non si ha familiarità alcuna
con la storia dell’esplorazione spaziale, tutto questo può sembrare davvero impressionante.
In un certo senso lo è, ma il significato di queste imprese storpiate in un
numero preoccupante di articoli, blog, saggi, perfino libri, è francamente
ridicolo, quando non è irritante.
Un balzo troppo lungo per il programma spaziale cinese |
Vuoi perché queste fonti sembrino ignorare
completamente la storia dell’esplorazione spaziale degli ultimi cinquant’anni o
perché più semplicemente non la conoscano, la maggior parte sono piene di idee
quali: “Il dominio spaziale cinese”,[2] “Le ambizioni spaziali cinesi”[3] e ovviamente l’onnipresente “la gara spaziale
con gli Stati Uniti”.[4] Stando a molti di questi lavori, la Cina sembrerebbe
sul punto di costruire il proprio insediamento permanente sulla luna e iniziare
a minare elio-3[5] o in procinto di
mandare uomini su Marte.[6] E perché no?
Circolano anche voci che stiano costruendo la propria Enterprise con lo scopo
di combattere i Klingon per il controllo del quadrante Alfa.
La meno fantascientifica realtà è che, in termini di
tecnologia spaziale, i cinesi hanno appena scoperto la ruota. E non sono ancora
sicuri di come vada usata. Jeffrey Kluger, un veterano del TIME magazine, ci
ricorda che qualcun altro andava facendo questo genere di cose quaranta anni
fa:
“E che dire dei programmi Mercury,
Apollo e Skylab? La Cina ha cominciato a giocare nello spazio da soli nove anni
ed è riuscita a completare con successo quattro lanci. Gli Stati Uniti fecero
volare sei missioni Mercury dal 1961 al 1963; dieci missioni Gemini nei venti
mesi tra il marzo 1965 e il novembre 1966; e undici missioni Apollo dal 1968 al
1972. Nei soli nove mesi dall’ottobre 1968 al luglio 1969, abbiamo lanciato i
primi cinque Apollo, incluse tre visite sulla luna e il primo atterraggio”.[7]
Nonostante la stampa occidentale suggerisca il
contrario, la (modesta) stazione spaziale è rimasta lo scopo ultimo del
programma spaziale cinese. Vale la pena ripeterlo: il loro obiettivo dichiarato
non è di andare sulla luna, atterrare su Marte o costruire la propria Morte
Nera. Vogliono soltanto avere la propria stazione spaziale. I cinesi non stanno
gareggiando nello spazio, stanno semplicemente seguendo la scia.
Contando le Stelle
Per quale motivo, dunque, i cinesi hanno
deciso di investire nello spazio? Se non sono pronti a terraformare Marte o a
minacciare la sicurezza degli Stati Uniti con la loro flotta di navi spaziali,
per quale motivo stanno ripetendo imprese già svolte mezzo secolo fa dagli americani
e dai sovietici? Ci sono diverse risposte a questa domanda, ma nessuna di
queste coinvolge i siluri quantici. Gregory Kulacki, un’analista facente parte
al gruppo no-profit Union of Concerned Scientists, spiega parlando al programma
Link Asia:
“Ebbene, la tecnologia spaziale è
importante perché riguarda praticamente tutto ciò che facciamo nella società
moderna, dalla comunicazione al trasporto e alla navigazione oltre
all’osservazione della Terra, alla gestione di disastri e a materie di natura militare
e sulla sicurezza. I cinesi presero la decisione nei primi anni Ottanta di
modernizzare la loro economia e la loro società investendo una grossa somma
nella tecnologia spaziale”.[8]
La CNSA vuole costruire una stazione spaziale per il 2020 |
Prestigio internazionale, orgoglio
nazionale e ovviamente influenza geopolitica sono altre parti della risposta.
Si potrebbe anche chiedere direttamente ai cinesi per quale motivo questo
interesse per l’esplorazione spaziale. Secondo la CNSA, l’Agenzia Spaziale
Cinese, il loro programma spaziale può essere riassunto in tre fasi. La prima
fase consiste nel lancio di un veicolo con un essere umano a bordo. I cinesi
superarono con successo questa fase con le missioni Shenzhou V e VI. La seconda
fase fa parte di un processo più lungo e complicato che assicurerà ai cinesi la
loro stazione spaziale completamente funzionante. Questa fase iniziò nel 2011
con il lancio del modulo Tiangong I, il laboratorio spaziale che è stato usato
come test per i futuri moduli Tiangong (Tiangong II e III) che costituiranno
l’ossatura della stazione spaziale definitiva. L’attracco di un modulo
automatico e di un altro guidato da esseri umani con il laboratorio Tiangong ha
determinato la parte finale di questa fase, ufficialmente conclusasi con la
missione di Shenzhou X, nel giugno del 2013.
Grazie alla seconda fase i cinesi sono riusciti a
padroneggiare le tecniche di attracco, importanti strumenti necessari per la
costruzione e il mantenimento di una complessa stazione spaziale. Durante la
terza e ultima fase Tiangong I sarà sostituito con i moduli Tiangong II e III.
Il loro scopo sarà condurre esperimenti, sviluppare medicinali, introdurre
nuove tecnologie e produrre nuovi materiali nello spazio.
Se si chiede ai cinesi, dunque, sembrerebbe proprio
che la loro innocente agenda spaziale non abbia molto a che fare con le molte fiabe
che circolano là fuori: far crescere cristalli a gravità zero minaccia
difficilmente la supremazia degli Stati Uniti nello spazio e non costituisce
quel sensazionale titolo a caratteri cubitale che cattura l’attenzione di tutti.
Certamente si può dubitare della versione della CNSA. Dopotutto, se chiedo al
CEO di una grande compagnia petrolifera per quale motivo stia pompando decine
di migliaia di barili al giorno, difficilmente la risposta sarà: “perché
vogliamo fare soldi”. Più probabile che sia perché vogliono creare posti di
lavoro, aiutare a sostenere l’economia del paese e dare un futuro ai propri
dipendenti. La parte riguardante il profitto non risalta spesso negli spot
pubblicitari. Per quel che li riguarda, sembrerebbe quasi un danno collaterale.
A questo punto una domanda sorge spontanea. Come
facciamo a sapere cosa voglia davvero ottenere la Cina con il proprio programma
spaziale? Vogliono avere la propria stazione spaziale, bene, ma cosa succederà
nel lungo periodo? Che cosa faranno quando la loro stazione sarà completata? Che
cosa succede dopo? La risposta è abbastanza scontata; nessuno, infatti, lo sa
con certezza. Possiamo solo cercare di immaginare. C’è anche un altro aspetto
considerato raramente e tuttavia interessante. Può anche darsi che gli stessi
cinesi non sappiano cosa succederà dopo.
Aquila Sonnolenta, Dragone Pimpante
Anche se la Cina è quaranta anni dietro agli Stati
Uniti per ciò che riguarda la tecnologia spaziale, recuperare non è
impossibile, specialmente considerando le particolari circostanze economiche e
politiche che l’America sta affrontando oggigiorno. Si potrebbero leggere saggi
e libri riguardanti il risicato budget della NASA, il regredire della cultura
dell’innovazione, l’assenza di ambizione, il bisogno di visione e la perdita d’ingegnosità
che starebbe affossando il paese occidentale.
Basta guardare il modo in cui gli americani vanno in
orbita ultimamente. Beh, più che altro il modo in cui sono portati in orbita. Terminato il programma dello Space Shuttle, sono
i russi che danno agli americani uno strappo verso le stelle grazie al loro Soyuz,
facendoli pagare circa 63 milioni di dollari a posto. Il rallentamento del
programma spaziale americano è un dato di fatto che si ripete da anni ed è
davanti agli occhi di tutti. Basta avere venti minuti per rendersene conto
ascoltando l’astrofisico Neil Degrass Tyson il quale, parlando il 7 marzo del
2012 davanti al Comitato del Senato americano, disse:
“Quando penso all’età dell’oro
dell’esplorazione spaziale, i tardi anni Cinquanta fino ai primi anni Settanta,
a quel tempo sarebbero passate poche settimane senza che ci fosse un articolo
su un giornale o su una rivista la cui copertina esaltasse la città del domani,
il trasporto del domani, la casa del domani. […] Sul finire degli anni Settanta
rinunciammo a espandere la frontiera spaziale, gli articoli sul domani
scomparvero. Nei decenni successivi ci lasciammo trasportare pigramente dalle
innovazioni concepite dai sognatori passati. Loro sapevano che le cose
apparentemente impossibili erano fattibili e altri tra di loro, coloro che
avevano visto quello che la precedente generazione aveva raggiunto, osservarono
i viaggi delle missioni Apollo sulla luna, anche se non furono diretti
partecipanti. Questa è la più grande avventura che ci sia mai stata. Eppure, se
ti limiti a farti trasportare, alla fine rallenti e altri ti raggiungono per
poi superarti”.[9]
Il programma spaziale con equipaggio umano made in US, oggi |
Diffido di chiunque affermi che i cinesi stiano
recuperando facilmente il loro svantaggio con la NASA, ma non mi fraintendete,
se le cose rimangono come stanno, il sorpasso avverrà a un certo punto. Qualcuno
sta già descrivendo questa particolare competizione come “la corsa della lepre e della tartaruga verso lo spazio”, dove “un programma con pochi fondi ma costante
supera il suo volteggiante, indeciso ma meglio consolidato rivale”.[10] Questa idea ha senso. Riconosce i molti
svantaggi del programma spaziale cinese e tiene presente i successi della
controparte americana, ma allo stesso tempo considera anche la lenta ma
costante evoluzione del primo e il rallentamento e mancanza di leadership del
secondo. Il budget risicato degli Stati Uniti non spiega da solo perché tutto
ciò stia avvenendo e il fatto che i cinesi stiano riversando una considerevole
quantità di risorse nella fatica spaziale non spiega davvero nulla, se preso
singolarmente. Bisogna studiare il contesto in cui tutto ciò sta accadendo.
Pensateci. Prima che Gagarin completasse il suo
leggendario viaggio, le persone non avevano idea di cosa sarebbe potuto
succedere. Non sapevano cosa aspettarsi. Come nota Jeffrey Kluger nel suo
articolo, China’s Space Launch: ‘Wow’ or ‘Meh’?: “È una battuta risaputa quella secondo cui prima che Yuri Gagarin diventasse
il primo essere umano nello spazio nel 1961, la gente non sapeva se gli occhi
di un essere umano potessero esplodere a gravità zero. Ma la verità è che, la
gente non sapeva effettivamente se gli occhi di un essere umano potessero
esplodere a gravità zero. Il veicolo spaziale, la tuta spaziale, la capacità di
rendez-vous, di attracco, di camminare nello spazio, rientrare sani e salvi,
tutto questo era una novità all’epoca”.
Ora non lo è più. E che dire della tecnologia di rendez-vous
e di attracco, le fondamenta stesse che deve saper padroneggiare ogni paese
desideroso di costruire la propria stazione spaziale? Secondo John Lewis,
professore emerito di Scienza Planetaria all’Università dell’Arizona, procedure
estremamente complicate come queste non sono mai state tentate prima del programma Gemini e Soyuz. Come
spiega in un’intervista trasmessa dalla CCTV: “Adesso abbiamo una lunga lista di procedure di rendez-vous e di
attracco. La Cina sa in generale che non sono impossibili e dispone di hardware
in grado di portarle a termine. La dimostrazione di questa tecnologia può
essere fatta in uno o due voli. Non c’è bisogno del programma Gemini che
richiese dodici voli per inventare, provare e sviluppare procedure di
rendez-vous e di attracco”.[11]
L'esito della "gara" dipenderà da entrambi i partecipanti |
La Cina sta approfittando di decenni di scoperte rese
possibili da altri paesi. Microchip, relè satellitari, materiali dell'era
spaziale ed elettronica di bordo solo per dare alcuni esempi. In altre parole,
la Cina sta raggiungendo traguardi superati negli anni Sessanta avvalendosi di tecnologia
del ventunesimo secolo. Considerato ciò, la rincorsa spaziale cinese potrebbe
diventare decisamente più interessante in futuro, in particolare per tre
ragioni: primo, perché prendono spunto da paesi considerati leader
nell’esplorazione spaziale e apprendono da essi. Inoltre, beneficiano dei
successi e dei fallimenti di questi paesi scegliendo la strada che gli sembra
più sicura in base alla loro esperienza. Infine, i cinesi hanno un piano chiaro
per il futuro prossimo e sanno cosa fare e come andrà fatto. I loro progressi
sono lenti, vero, ma come sottolinea il professore John Lewis: “Esiste un livello di rischio decisamente
minore se si decide di portare avanti un programma in modo accurato e
deliberato”. Questa è una buona strategia se si vogliono evitare
contrattempi che potrebbero mettere a rischio l’intero programma spaziale.
Che si verifichi o meno questo sorpasso tanto anticipato,
una sola cosa sembra certa: dipenderà sia dalla Cina che dall’America, ma
scommetterei più sul fatto che dipenderà da quest’ultima, da cosa gli
occidentali faranno o non faranno e dalle molte implicazioni delle loro scelte.
C’è qualcosa di agghiacciante nell’osservazione fatta
dal filosofo della politica John Grey, il quale scrisse qualche anno fa nel
periodico britannico The Observer riguardo i problemi finanziari dell’America:
“In un cambiamento di vasta portata nelle
sue implicazioni come la caduta dell’Unione Sovietica, un modello governativo e
l’economia è collassata. […] Davvero simbolico che astronauti cinesi passeggino
nello spazio mentre il Segretario al Tesero degli Stati Uniti è in ginocchio”.
Restituendo il Favore
Fantascienza? |
Mi rendo conto di chiedere molto adesso, ma provate a
immaginare di essere nel futuro, diciamo quaranta anni nel futuro, seduti sul
vostro divano a guardare la versione fantascientifica del vostro televisore che
sta annunciando: “Il ministro cinese
degli Affari Siderali si prepara alla sua visita a Washington D.C. prevista per
domani. Secondo fonti non confermate, dovrebbe regalare al Presidente un
piccolo frammento marziano come gesto di buona volontà durante la negoziazione
volta alla normalizzazione dei rapporti diplomatici. Il frammento fa parte di
una roccia di quasi un kilo e mezzo che il taikonauta Wei Xiaoping si è portato
dietro dal pianeta rosso due anni fa, quando il suo team atterrò sulla
superficie del pianeta convertendosi nel primo gruppo di esseri umani ad aver
messo piede su Marte”.
Lo ammetto: essendo uno scrittore di fiction spesso
assecondo fantasie eterodosse e improbabili creando idee esotiche che in
seguito converto in storie o libri per il semplice piacere di leggerli e
rileggerli.
Eppure, che ci crediate o meno, per molte persone
questa non è fantascienza, è la prima pagina del giornale di domani. Non sto
parlando di persone disilluse, nazionalisti cinesi o semplici visionari. Sto parlando
di scienziati e ingegneri della NASA, persone che hanno lavorato nel campo
dell’esplorazione spaziale tutta la vita. Sto parlando di membri del Congresso
statunitense, come i repubblicani Ted Poe, Rob Bishop e John Carter solo per
nominarne alcuni, tutti loro riunitisi per “sollevare
un problema che preoccupa” tutti gli americani ponendo l’enfasi sul “programma lunare cinese”, “la stazione spaziale cinese” e “la miracolosa inversione di tendenza della
Cina”.[12]
Il programma spaziale cinese è atterrato nel Congresso
degli Stati Uniti d’America. La fondatezza delle informazioni date in
quell’occasione non è ciò che interessa in questa sede, è semmai il contesto di
questo evento a far alzare le sopracciglia. Quindici anni fa una discussione
sull’egemonia spaziale cinese sarebbe stata la benvenuta in uno spettacolo
comico. Oggi risuona nel Congresso americano. Questo significa davvero qualcosa
per il programma spaziale americano? È un segnale che le cose stanno cambiando?
Non proprio. I deputati sopraccitati parlavano in un’aula deserta. Tutto ciò la
dice lunga sulla volontà degli americani di continuare la scommessa spaziale: annuiscono
manifestando preoccupazione, certo, ma al tempo stesso non hanno alcun interesse nell’invertire
la rotta. La lepre si è fermata e la tartaruga continua ad avanzare.
Che cosa ve ne pare di quella roccia marziana, adesso? Potrebbe accadere davvero qualcosa
del genere? Cerchiamo di vedere tutto questo da una prospettiva realistica. Che
cosa accadrà quando la Stazione Spaziale Internazionale sarà dismessa nel
futuro prossimo e l’unica stazione spaziale funzionante mostrerà sullo scafo
una bandiera rossa con cinque stelle color oro? Quale sarà la reazione degli
americani in quel caso? Qualcuno dice che potremmo assistere a una reazione del
genere molto prima di quanto ci aspettiamo. Ancora una volta dobbiamo
concentrare la nostra attenzione non sui cinesi, ma sul Congresso statunitense.
Nel programma trasmesso da NPR, Science Friday, il
presentatore Ira Flatow fa un’osservazione molto interessante riguardo questa
questione. Egli dice: “Come verrà visto
tutto questo, diciamo, se guardiamo al Congresso a dieci anni da oggi. Se i
cinesi hanno una stazione spaziale, gli Stati Uniti non orbitano più nella loro
stazione spaziale, non sono invitati a salire sulla stazione spaziale cinese,
diciamo, o non gli è permesso di avere nulla a che fare con il programma
spaziale cinese. Dobbiamo aspettarci, lei crede, un cambio di rotta da parte
del Congresso che magari si chiederà a quel punto dove diavolo siamo noi,
perché siamo stati esclusi da tutto questo?”[13]
Il programma spaziale cinese diventa sempre più ambizioso |
Una domanda ragionevole, e a quel punto potrebbe
esserci qualcosa di più di un pugno di repubblicani in un’aula vuota. Oppure
no? La professoressa Joan Johnson-Freese, ospite nello stesso programma,
fornisce una riposta molto interessante alle preoccupazioni di Ira: “Credo che tu abbia assolutamente ragione. Penso
si domanderanno sgomenti un po’ tutti come tutto ciò possa essere accaduto. […]
è molto difficile portare avanti un programma spaziale in una democrazia perché
anche se a tutti noi piacciono i viaggi spaziali, ci piace guardarli, quando si
parla di fondi a livello governativo, semplicemente questi ultimi non ricevono mai la priorità
che hanno il mercato del lavoro, strade, educazione o difesa. In Cina
possiedono un governo autoritario che può continuare a finanziare il programma
spaziale a qualsiasi livello essi vogliano, fin quando decidono di farlo, e
continueranno a farlo finché otterranno da esso risultati soddisfacenti”.
Interessante e triste al tempo stesso. L’ingegnosità americana,
il propellente di alcuni tra i più significativi traguardi spaziali, è il risultato ultimo della democrazia americana.
Com’è possibile che oggi il più vasto stato autoritario del pianeta sia adatto
a portare avanti l’esplorazione spaziale mentre la democrazia più potente
rimanga a guardare? Almeno questa volta la risposta non è difficile da trovare.
In democrazia si sceglie, e come l’intrepida generazione di americani sotto il
Presidente J.F. Kennedy scelse “di andare
sulla luna”, l’America di oggi ha scelto di restare a casa.
Investendo in Ingegnosità
C’è un po’ di sabbia sulla scintillante ala color
perla dello SpaceShipTwo. Un ingegnere la vede e si muove velocemente per
pulirla con un panno speciale. Lo spazioplano sub-orbitale progettato per la
prima generazione di turisti spaziali è pronto per trasportare i suoi sei
passeggeri. Lo spazioplano sarà collocato alla giusta altitudine
da un velivolo madre prima di essere sganciato in modo che possa raggiungere
l’alta atmosfera, grazie ad un motore a razzo ibrido. Raggiunta la termosfera,
i passeggeri potranno sperimentare gravità zero per qualche minuto mentre
osserveranno la Terra da un’altitudine di oltre cento kilometri. Lo spazioplano
tornerà dunque sul nostro pianeta atterrando come un normale aeroplano. Questa
non è fantascienza.
Mettete un prezzo alle stelle e ottenete la fantascienza |
La Virgin Galactic è solo uno dei più famosi risultati
della recente industria privata spaziale, compagnie fondate privatamente che
sono apparse come funghi in anni recenti. Ma non si tratta solo di turismo. Planetary
Resources, Inc., è una compagnia americana fondata nel novembre del 2010. Il
suo obiettivo consiste nell’“espandere le
risorse naturali della Terra” creando e disponendo le tecnologie necessarie
per lo sfruttamento degli asteroidi. La compagnia di trasporto spaziale SpaceX
ha fatto storia il maggio 2012 quando si è convertita nella prima compagnia
privata a mandare un cargo alla Stazione Spaziale Internazionale. Queste nuove realtà
dell’industria spaziale sono delle variabili che non sono state ancora comprese
appieno dall’opinione pubblica. Mentre la “gara spaziale” tra l’America e la
Cina è stata attentamente seguita dai media, compagnie spaziali finanziate da
privati sono state trattate fino ad oggi come il passatempo di qualche
eccentrico milionario, una singolare curiosità dei nostri tempi: costose,
premature, inaffidabili, roba per sognatori; un’impossibile stravaganza. Mi
ricorda qualcosa.
Sebbene questa realtà in divenire si trovi in uno
stadio preliminare, ci mostra nonostante tutto qualcosa di molto importante: la
competizione nello spazio è cosa buona e giusta; la guerra fredda ne è una
prova. Programmi spaziali nazionali come la NASA o la CNSA manterranno
sicuramente la leadership negli investimenti in questo settore, ma se lo spazio
aperto comincia a essere visto come un luogo dove investire soldi per fare
soldi le cose potrebbero cambiare rapidamente. Ciò detto, nei prossimi anni
quasi seicento clienti paganti viaggeranno nello spazio usando compagnie
private come la Virgin Galactic.
Mentre cerco di distinguere la fantascienza dalla
realtà, un pensiero inaspettato mi colpisce. Forse l’ingegnosità americana non
è andata persa, dopotutto; ha solamente cambiato forma.
Mix
Nota sulla traduzione: Le citazioni riportate in questo testo sono state tradotte in italiano dal sottoscritto. Nel processo di traduzione inevitabilmente le sfumature, i giochi di parole e altre sottigliezze si perdono per strada. Consiglio pertanto di confrontare le fonti che seguono o la versione inglese di questo articolo.
Nota sulla traduzione: Le citazioni riportate in questo testo sono state tradotte in italiano dal sottoscritto. Nel processo di traduzione inevitabilmente le sfumature, i giochi di parole e altre sottigliezze si perdono per strada. Consiglio pertanto di confrontare le fonti che seguono o la versione inglese di questo articolo.
* * *
[1] Per ulteriori informazioni riguardanti questo episodio, consiglio
di leggere Gregory Kulacki e Jeffrey G. Lewis, A place for One’s Mat: China’s Space Program 1956-2003, American
Academy of Arts and Sciences, 2009, p. 19.
[2] Brendan O'Reilly, China floats towards space dominance, Asia Times Online, giugno 19,
2012, disponibile al seguente link http://atimes.com/atimes/China/NF19Ad01.html
[3] Peter Foster, Should we fear the
threat of Chinese 'space dominance'?, The Telegraph, agosto 24, 2011, disponibile
al seguente link http://blogs.telegraph.co.uk/news/peterfoster/100101952/should-we-fear-threat-of-chinese-space-dominance/
[4] Un classico esempio è disponibile qui: http://www.amazon.com/The-New-Space-Race-Exploration/dp/144190879X
[5] China Launches Second Moon
Mission: Is Mining Rare Helium 3 an Ultimate Goal?, The Daily Galaxy, ottobre
03, 2010, disponibile al seguente link http://www.dailygalaxy.com/my_weblog/2010/10/china-launches-second-moon-mission-is-mining-helium-3-an-ultimate-goal.html
[6] Morris Jones, China Goes To Mars,
Space Daily, ottobre 31, 2010, disponibile al seguente link http://www.spacedaily.com/reports/China_Goes_To_Mars_999.html
[7] Jeffrey Kluger, China’s Space
Launch: ‘Wow’ or ‘Meh’?, TIME NewsFeed, giugno 16, 2012, disponibile al
seguente link http://newsfeed.time.com/2012/06/16/chinas-space-launch-wow-or-meh/
[8] Vedi http://www.youtube.com/watch?v=m3EwNV3U6wQ
[10] Nicholas Gerbis, Is China
winning the new space race?, How Stuff Works?, disponibile al link http://science.howstuffworks.com/china-winning-new-space-race2.htm
[11] Vedi http://www.youtube.com/watch?v=yuVGgGwVUPw
[12] Vedi http://www.youtube.com/watch?v=nVaTMXA8Wq4
[13] Vedi http://www.npr.org/2012/06/22/155582842/will-china-blast-past-america-in-space
Complimenti figliolo ...
RispondiEliminala riflessione che mi sorge spontanea dopo aver letto la versione ITALIANA dell'articolo è che un giovane laureato in Scienze Politiche un paio di anni fa - autore di un eccellente libro di Geopolitica - ovviamente è in grado di scrivere un artcicolo di questo livello.
Mi fa davvero impressione invece come la 'tartaruga cinese' Michele abbia ormai raggiunto una qualsiasi 'lepre americana' riuscendo a sfornare l'articolo in versione bilingue.
Continua così e tra 40 anni margari su Marte insieme ai Cinesi ci saranno un italiano e perchè no una giapponese :-)
Un babbo (solamente) italiano!
... dimenticavo :-)
RispondiEliminaLa frase più spassosa è certamente questa :
“Il ministro cinese degli Affari Siderali si prepara alla sua visita a Washington D.C. prevista per domani. Secondo fonti non confermate, dovrebbe regalare al Presidente un piccolo frammento marziano come gesto di buona volontà durante la negoziazione volta alla normalizzazione dei rapporti diplomatici. Il frammento fa parte di una roccia di quasi un kilo e mezzo che il taikonauta Wei Xiaoping si è portato dietro dal pianeta rosso due anni fa, quando il suo team atterrò sulla superficie del pianeta convertendosi nel primo gruppo di esseri umani ad aver messo piede su Marte”.
Grazie del commento. Si, l'articolo ha richiesto diverse settimane di lavorazione, in parte anche per la sua natura "bilingue". Mi sarebbe piaciuto inserire il programma spaziale cinese anche nel libro di cui parlavi, ma probabilmente è riuscito meglio come articolo a se stante.
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